certificato di stato legittimo
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Certificato di stato legittimo

certificato di stato legittimo

“Il notaio rogante ha richiesto come condizione necessaria alla stipula il certificato di stato legittimo, cosa dobbiamo fare?”

È un interrogativo che ricevo sempre più spesso nelle mie consulenze introduttive ed in questo articolo voglio fare luce su questo documento di cui sono sicuro sentiremo parlare spesso in futuro.

Le novità del Decreto Semplificazioni

È stato introdotto recentemente dalla L. 120/2020, il c.d. Decreto Semplificazioni, ed integrato dalla L. 105/2024 c.d. Salva-Casa, volti ad accelerare e semplificare le procedure edilizie verso la P.A., diminuendo gli adempimenti per cittadini ed imprese.

Si integra all’interno del Testo Unico dell’ Edilizia D.P.R. 380/01 all’art. 9 bis c. 1 bis ove:

“Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.”

 

34/bis c.3 ove:

Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.”

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Senza entrare troppo nei tecnicismi, le tolleranze indicate ai commi 1 e 2 sono delle violazioni edilizie, realizzate in corso di edificazione o modificazione di un fabbricato/immobile, non eccedenti il 2% delle misure indicate nel titolo autorizzativo (es. per un distacco di ml 5,00 sono tollerati fino a 4,90, altezza interna prevista in ml. 3,00 tollerata fino a 3,06 ml, spostamento tramezzo interno da ml. 2,00 a ml. 2,04,…).

Trattasi quindi di errori veniali in fase di costruzione che il legislatore ha ritenuto corretto giustificare con una norma ad hoc per snellire le procedure amministrative già gravate dalla troppa burocrazia.

A tal fine colgo l’occasione per raccontare di un caso studio che avviene frequentemente all’interno dei miei check-up di due diligence immobiliare, dove la norma in questione viene male interpretata dalle parti più interessate (venditrice o agenzia immobiliare), ovvero quando si riscontra l’aumento della superficie dell’immobile visionato rispetto al suo titolo legittimo che in alcuni casi rientra all’interno del 2%, come ad esempio per un appartamento di mq. 100 previsti dal suo progetto autorizzato, riscontrati in mq. 102 in sito, a causa della chiusura di una rientranza del balcone in sede di costruzione.

In questo caso il “cumulo” di superficie eccedente di 2 mq quanto autorizzato, seppur vero che rientra nel 2% delle misure indicate nel titolo, non è ammissibile in quanto la norma è stata introdotta per giustificare delle tolleranze costruttive erroneamente realizzate in corso d’opera come nel caso di errato tracciamento (lieve) degli spiccati a terra sulla base dei quali si eleveranno le pareti in elevazione di un fabbricato da erigersi oppure a modeste modifiche per la finiture degli edifici oppure la diversa collocazione di impianti; viene pertanto tollerato l’errore umano esclusivamente entro la misura del 2%, che non può confondersi con la volontaria realizzazione di un ampliamento senza autorizzazione edilizia.

In quest’ultimo caso e similari, non è quindi applicabile tale tolleranza e sarà necessario provvedere alla messa in ripristino dei luoghi.

Tolleranze previste dal legislatore

Ritornando alle tolleranze previste dal legislatore per alleggerire i carichi di lavoro presso le P.A. e diminuire gli oneri a carico dei proprietari di immobili per regolarizzazioni postume “in sanatoria” di lievi abusi edilizi, possiamo sintetizzare quindi che NON si ha difformità qualora si ricade nelle casistiche previste, in assenza inoltre di vincoli di tutela, di violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e senza pregiudicare l’agibilità dell’immobile.

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Ragioniamo insieme: se non si ha difformità edilizia come nei casi esposti e quindi non è necessario depositare progetti autorizzativi in tal senso perché previsto dalla norma ai commi 1 e 2 dell’art. 34/bis, come far emergere tale situazione urbanistico-edilizia mediante una “presa d’atto”, che possa tra l’altro avere un valore formale, applicabile anche per regolamentare le compravendite, dove sappiamo sia necessaria la dichiarazione di parte venditrice sulla regolarità urbanistica?

Ecco che il legislatore ci viene in aiuto con l’introduzione del “certificato di stato legittimo”.

Certificato di stato legittimo

Come previsto dalla normativa vigente, per le garanzie e la stipula di un atto di compravendita, dovrà essere obbligatoriamente dichiarata la conformità catastale dalle parti, nonché la regolarità urbanistica da parte venditrice.

In alternativa, entrambe le dichiarazioni potranno essere asseverate da tecnico abilitato che a seguito di indagini e sopralluoghi potrà garantire la regolarità e conformità alla documentazione urbanistica e catastale agli atti.

Il certificato di stato legittimo, ideato sulla falsa riga di quanto già previsto per la dichiarazione di conformità catastale, non è un documento indispensabile alla stipula ma facoltativo ed integrativo alle obbligatorie dichiarazioni urbanistiche di parte venditrice.

Il suo scopo è quello di far accertare ad un tecnico asseveratore in maniera inequivocabile quale sia il titolo edilizio che ha consentito l’edificazione di un immobile, integrato da eventuali autorizzazioni edilizie successive.

Questo documento sarà certamente utile ed indispensabile per consentire alle parti di svolgere una trattativa equilibrata per una compravendita serena.

Sono state fin troppe le stipule avvenute ancora oggi, basate sulla nebulosa dichiarazione urbanistica di parte venditrice “ante 67”, diabolico cavillo legislativo che paradossalmente consente la commerciabilità di un bene senza garantirne appieno la sua regolarità urbanistica nei confronti di parte acquirente ed in questo settore tutti i nodi vengono al pettine!

Difatti già svolgendo dei semplici accertamenti storici per presentare ad esempio una C.I.L.A. per la riqualificazione dell’immobile a seguito dell’ acquisto, ho riscontrato la parziale o totale infondatezza di tali dichiarazioni che hanno comportato ripercussioni economiche e legali importanti, anche dopo la stipula.

Quindi ben venga a mio avviso il divulgarsi di questo documento tecnico, che potrà essere una garanzia assoluta nonché la spinta per velocizzare le trattative immobiliari, sia in fase di intermediazione che di stipula e che rinnovo essere facoltativo e non obbligatorio come spesso sento appuntare da clienti acquirenti che lo pongono come documento essenziale da produrre, propedeutico alla stipula notarile.

Per una maggiore garanzia e certezza dell’affare, la parte acquirente potrà tuttavia incaricare un tecnico di sua fiducia per redigere una relazione di conformità di parte, che potrà garantirlo e rassicurarlo sul buon acquisto che andrà a stipulare.

Ma cos’è questo certificato di stato legittimo che deve essere accertato da un tecnico abilitato?

Lo stato legittimo di un immobile è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto o legittimato la costruzione e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali (art. 9 bis, c. 1/bis DPR 380/01).

Nel caso di immobili vetusti, realizzati in un’epoca passata nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio per la sua edificazione, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto o da altri documenti probanti (es. le riprese fotografiche, gli estratti cartografici d’archivio, atti pubblici o privati di cui sia dimostrata la provenienza,..).

In questo caso, l’asseverazione sarà base di lavoro giuridicamente certa per accedere a detrazioni fiscali come il Superbonus 110% oppure il Bonus mobili, non applicabili su immobili totalmente o parzialmente abusivi.

La “dichiarazione di  stato legittimo” verrà quindi asseverata dal tecnico incaricato che dopo aver eseguito tutte le verifiche amministrative ed i sopralluoghi del caso, accerterà la regolarità e conformità edilizio/urbanistica/vincolistica dell’immobile interessato, nonché l’assenza di abusi edilizi e potrà essere allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Con questa allegazione agli atti giuridici, la “dichiarazione di stato legittimo” oltre a tutelare le parti da controversie future, acquisirà una valenza pubblicistica importante, che diverrà base di analisi futura per attività tecniche, notarili ed immobiliari in genere.


Redatto il 16.11.2020

Geom. Alessandro Grupico
Geometra, Imprenditore, Blogger, Autore di un libro di Soluzioni per Agenti Immobiliari

(Le notizie ed i dati forniti nell’articolo derivano da personali studi ed interpretazioni dello scrivente e non equivalgono a consulenze tecniche applicabili in via generale ad ogni casistica inerente il tema, da valutarsi in maniera professionale e mirata.)

 

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